È l’organo che collabora alla digestione concentrando e riversando la bile nel duodeno dopo i pasti. In questo processo di riassorbimento della parte acquosa della bile, alcuni cristalli possono “precipitare”, formando dei calcoli, cioè piccoli sassolini di sali. Se quest’organo è compromesso per la presenza di calcoli si può procedere ad asportarlo, con la colecistectomia.
Oggi, grazie alle moderne tecniche mininvasive, l’intervento chirurgico viene consigliato in tutti i casi di calcoli: l’operazione è in realtà molto semplice e sicura, mentre le eventuali complicanze legate a una calcolosi trascurata possono essere molto serie per la salute (per esempio, infiammazione acuta, ittero e pancreatite).
I sintomi tipici della calcolosi alla cistifellea sono: cattiva digestione e, soprattutto, coliche (con dolori di tipo espulsivo, simili alle contrazioni del parto) quando i calcoli si muovono. La diagnosi avviene attraverso un’ecografia dell’addome superiore.
La preparazione
A casa: non è necessaria alcuna dieta particolare prima del ricovero.
In ospedale: il ricovero avviene il giorno prima dell’intervento. Si eseguono i controlli di routine pre-operatoria (esame completo del sangue, elettrocardiogramma, rx del torace) e si procede a una pulizia intestinale con blandi purganti.
Se l’operazione viene fatta in laparoscopia, i purganti non sono necessari perché l’intestino non interrompe le sue funzioni.
L’intervento
Avviene in anestesia generale e dura, in genere, da 30 minuti a un’ora e mezza.
La tecnica di intervento oggi più usata è quella mininvasiva (tranne quando la persona ha subìto altri interventi in precedenza: in questi casi, si possono essere formate delle aderenze nell’addome che sconsigliano il ricorso alla laparoscopia). Il chirurgo pratica tre o quattro fori di un centimetro circa: il primo vicino all’ombelico, attraverso cui introduce la sonda a fibre ottiche; gli altri ai lati dell’addome, qualche centimetro più in alto e più in basso dell’ombelico. Con delle “clips” vengono chiusi l’arteria biliare e il dotto cistico, cioè la via di comunicazione tra la cistifellea e la via biliare. La cistifellea viene, quindi, asportata con strumenti chirurgici che tagliano e suturano al tempo stesso, evitando ogni perdita di sangue. La vescichetta biliare asportata viene estratta sfilandola da una delle piccole incisioni sull’addome, che vengono suturate con pochi punti.
Se la laparoscopia non è possibile, il chirurgo ricorre all’intervento tradizionale e pratica un’incisione di circa 15 centimetri sull’addome (verticale, in alto a destra, oppure orizzontale, a destra sotto le costole) per arrivare alla colecisti.
In caso di intervento tradizionale, alla persona viene messo un sondino naso-gastrico (attraverso naso ed esofago), che drena il contenuto dello stomaco.
La convalescenza
Si tratta di un intervento molto semplice. Dopo l’asportazione della colecisti, si può riprendere una vita assolutamente normale.
Se fatto in laparoscopia, consente di riprendere subito l’alimentazione e rimettersi in piedi nelle 24 ore successive (talvolta basta qualche ora). Dopo 4872 ore, si può essere dimessi dall’ospedale.
Con l’intervento tradizionale si riprende l’alimentazione, in forma liquida, il giorno dopo e ci si può già alzare dal letto a poche ore dall’intervento. Le dimissioni avvengono in genere dopo quattro o cinque giorni; la ferita sull’addome cicatrizza in un paio di settimane.